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Offriamo le terapie più avanzate per il trattamento del cheratocono.

1. Che cosa è il cheratocono?

1.1 Che cosa causa il cheratocono
1.2 Classificazione del cheratocono

2. Come si riconosce il cheratocono

2.1 Come si diagnostica il cheratocono
2.2 Una persona affetta da cheratocono può guarire?

3. Come si cura il cheratocono

3.1 L’impianto di anelli intrastromali
3.2 Il trattamento di cross linking


1. Che cosa è il cheratocono?

Il cheratocono è una malattia degenerativa caratterizzata da un progressivo assottigliamento e deformazione della zona centrale della cornea, la membrana trasparente che costituisce la superficie anteriore dell’occhio.

Man mano che la patologia progredisce, la pressione oculare provoca la distorsione della cornea che perde la sua naturale forma rotonda sviluppando – inizialmente nella superficie posteriore per poi interessare anche la parte anteriore – un rigonfiamento irregolare (ectasia) a forma di cono.

La deformazione e sporgenza della cornea influiscono sul modo in cui la luce colpisce la retina nella parte posteriore dell’occhio: le immagini vengono focalizzate su più punti anziché un singolo punto di messa a fuoco, causando una visione sfocata, sdoppiata e distorta.

Il cheratocono genera dunque un difetto refrattivo con conseguenti notevoli problemi di vista (miopia e astigmatismo elevati), costituendo per il paziente un serio danno di ordine psicologico oltre che fisico.

Non porta alla cecità, ma il peggioramento della quantità e qualità visiva impedisce al paziente di condurre una vita normale.

Poiché la malattia insorge generalmente durante la pubertà, colpendo giovani con una lunga aspettativa di vita e di vista, è evidente l’importanza di una diagnosi precoce e di un tempestivo trattamento.

1.1 Che cosa causa il cheratocono?

La causa del cheratocono rimane tutt’oggi sconosciuta, anche se recenti ricerche sembrano indicare che possa derivare da una combinazione di fattori genetici e ambientali. Alcuni casi di cheratocono hanno una componente ereditaria: si è infatti evidenziato come circa il 20% dei pazienti abbiano parenti affetti dalla malattia. Altre malattie genetiche sono associate al cheratocono, compresa la trisomia 21 (sindrome di Down), la sindrome di Marfan, la sindrome di Ehlers-Danlos.

Il cheratocono può inoltre svilupparsi più facilmente in persone che soffrono di malattie sistemiche o presentano pregressi problemi oculari come congiuntivite allergica, retinite pigmentosa, amaurosi congenita di Leber.

Infine è possibile che, in persone particolarmente predisposte, l’utilizzo continuativo di lenti a contatto e l’eccessivo sfregamento degli occhi (eye rubbing) possono causare microtraumi alla cornea che “innescano” l’avvio della malattia.

Che cosa causa il cheratocono

1.2 Classificazione del cheratocono

Il cheratocono evolve progressivamente in quattro stadi, da una forma lieve (il cosiddetto cheratocono frusto spesso asintomatico e confuso con altri difetti visivi) ad uno stadio estremamente grave in cui l’assottigliamento della cornea è massimo, l’ectasia visibile ad occhio nudo e la miopia e l’astigmatismo non sono più correggibili con occhiali o lenti a contatto.

Se questa classica catalogazione di tipo evolutivo ha come parametri l’assottigliamento e la progressiva curvatura della cornea, un secondo e non meno importante metodo di classificazione del cheratocono si basa sulla morfologia, cioè sulla forma assunta dalla deformazione corneale, e sulla posizione dell’ectasia rispetto al centro dell’occhio.

Grazie ad uno specifico esame (pachimetria), si determina il punto della cornea più sottile e si misura la distanza di questo punto dal centro della pupilla. Questa misurazione viene utilizzata per classificare il cheratocono come centrale, paracentrale o pericentrale ed è così schematizzabile:

● Cheratocono a capezzolo (nipple): centrale o paracentrale con un’alta asfericità
● Cheratocono a farfallino (bowtie): centrale con astigmatismo regolare
● Cheratocono a croissant: para o pericentrale
● Cheratocono ad anatra (duck): paracentrale
● Cheratocono a “pupazzo di neve” (snowman): paracentrale

Questo tipo di classificazione – messa a punto dagli oculisti spagnoli Luis Fernandezvega e Jose Alfonso – è estremamente importante perché permette al chirurgo di eseguire un’operazione di impianto di anelli intracorneali (Kerarings[1]), che, appiattendo la cornea, consentono di migliorare o eliminare il difetto refrattivo generato dalla deformazione corneale e di contribuire al rallentamento della progressione del cheratocono, restituendo al paziente la massima qualità e quantità di visione possibile.

Classificazione Fernandezvega & Alfonso

Che cosa è il cheratocono Classificazione Fernandez-Vega Alfonso

2. Come si riconosce il cheratocono

Senso di fastidio in presenza di luce (fotofobia), prurito e necessità di sfregare gli occhi fre- quentemente, comparsa di aloni notturni e la sgradevole sensazione di vedere, sia da vicino che da lontano, le persone e gli oggetti sfocati e distorti…

Ecco i sintomi iniziali del cheratocono, una malattia subdola in quanto, nelle sue prime fasi, può essere scambiata per un difetto di rifrazione come miopia e astigmatismo e corretta con occhiali e lenti a contatto. Tuttavia, la necessità di aumentare con frequenza la gradazione delle lenti è un campanello d’allarme che può far sospettare la presenza del caratteristico processo di assottigliamento e deformazione della cornea tipico del cheratocono.

La scoperta di soffrire di cheratocono ha un effetto psicologico molto forte, specie su un ragazzo o un adolescente. È un vero “terremoto” che coinvolge il percorso scolastico, il lavoro, la vita sociale e familiare della persona.

Tuttavia le moderne strategie di cura consentono di diagnosticare la malattia precocemente e di bloccarne l’evoluzione e i conseguenti danni futuri a carico non solo della vista ma anche della qualità della vita del paziente.

Poiché l’insorgere della malattia avviene di norma in età infantile o puberale, la diagnosi precoce è importantissima per evitare il progredire del cheratocono!

Tutti i bambini dovrebbero effettuare una visita di controllo oculistica intorno ai tre anni per assicurarsi che entrambi gli occhi si coordinino correttamente, abbiano una buona capacità visiva e siano in generale sani. Se esiste poi una storia familiare di cheratocono, si consiglia un esame più approfondito, possibilmente comprensivo di topografia corneale, già a partire dai 5-6 anni di età.

2.1 Come si diagnostica il cheratocono

La diagnosi di cheratocono può essere effettuata in un ambulatorio oculistico dotato di specifiche apparecchiature capaci di mappare la cornea misurandone lo spessore e la forma.

Tra queste il topografo corneale ha una particolare importanza: questo strumento infatti crea una mappa topografica colorata della superficie anteriore della cornea in grado di evidenziare le deformazioni e lo sviluppo del caratteristico cono. La topografia corneale altitudinale può essere eseguita in modo affidabile anche sui bambini in età scolare ed è pertanto utilissima alla rilevazione anche dei segni più precoci di cheratocono.

Alla topografia si affiancano altri esami come la pachimetria corneale. Questo esame consente di misurare lo spessore corneale. Sono disponibili tecniche di indagine diverse: la tomografia corneale con Scheimpflug camera (pachimetria ottica no-contact con Sirius o Pentacam) che fornisce una mappa pachimetrica della cornea e quella tramite una sonda a ultrasuoni (pachimetria acustica – di tipo contact).

La tomografia corneale fornisce una “fotografia” completa dello spessore corneale misurando sia la superficie corneale anteriore che quella interna.

Topografia e tomografia possono essere eseguite con tecnologia Scheimpflug Camera (Sirius – Pentacam) oppure mediante OCT (MS 39, CASIA).

La topografia corneale altitudinale, la pachimetria e la tomografia corneale sono esami semplici, veloci, indolori e indispensabili!

Nel primo stadio della malattia, il cheratocono non genera infatti deformazioni corneali evidenti o un sostanziale assottigliamento della cornea e il paziente non ha necessità di effettuare significative correzioni della gradazione delle lenti. Solo una topografia corneale accurata e affidabile o una tomografia corneale riescono a rilevare gli eventuali cambiamenti della forma corneale.

Cheratocono OD
cheratometrie

Topografia corneale (o tomografia) raccolta mediante tecnologica OCT (MS39).
La zona rossa più intensa centrale indica una deformazione della cornea.

Cheratocono OS
cheratometrie 2

Altro esempio di esame OCT che indica una situazione compatibile con il cheratocono.
Topografia corneale (o tomografia) raccolta mediante tecnologia OCT (MS39).

2.2 Una persona affetta da cheratocono può guarire?

Al momento non vi sono terapie farmacologiche in grado di riportare l’occhio malato ad una condizione di assenza di cheratocono.

Tuttavia esistono validissimi trattamenti di corneoplastica in grado di fermare la progressione della malattia e consentire al paziente una normale vita sociale e lavorativa. È essenziale quindi un trattamento tempestivo dopo aver ricevuto la diagnosi.

La corneoplastica è l’innovativa unione delle tecniche di chirurgia corneale e refrattiva il grado di correggere numerosi difetti visivi conservando il più possibile l’anatomia naturale della cornea. In caso di cheratocono i trattamenti di corneoplastica più efficaci sono:

● Cross linking corneale perarrestare i processi degenerativi della malattia. Il cross linking è in grado di stimolare il rinnovamento delle cellule corneali (i cheratociti) che ricominciano a produrre del collagene sano. Ciò determina un aumento dello spessore corneale e la riduzione dell’ectasia della cornea.

● Impianto di anelli intrastromali (Kerarings[1]) per fare regredire lo stato dello sfiancamento corneale, “appiattendo” la cornea e riportandola alla sua la forma fisiologica.

A ciò si può affiancare l’utilizzo di apposite lenti a contatto o l’impianto di lenti intraoculari fachiche (ICL) per correggere i difetti refrattivi.

Un metodo è migliore dell’altro? Ovviamente no!

Ogni strategia di cura è altamente personalizzata sull’occhio del paziente. In base al grado di evoluzione e al tipo di cheratocono diagnosticato, il chirurgo sceglie e discute con il paziente la terapia migliore. Ecco uno schema delle possibili soluzioni (vedi pagina sucessiva).

corneoplastica

3. Come si cura il cheratocono

Fermare la progressione della malattia, consentire al paziente di avere la miglior vista possibile senza arrivare al trapianto di cornea. Ecco lo scopo delle moderne terapie per la cura del cheratocono.

Il cheratocono, come si è detto, non si cura tramite farmaci ma grazie ad un insieme di terapie che, utilizzate opportunamente, possono portare al migliore risultato possibile per il quadro di ogni singolo paziente.

A seconda della gravità e della progressione della malattia esistono diversi modi per gestire il cheratocono:

● nelle fasi iniziali, la diminuzione e la distorsione della vista è correggibile con gli occhiali ma, con il progredire della malattia, la cornea diventa altamente irregolare ed è necessario indossare specifiche lenti a contatto rigide per un’adeguata correzione della vista;

● le lenti a contatto rigide possono essere l’unico modo per poter vedere bene in casidi cornea totalmente deformata dal cheratocono (in questi casi nessuna correzione che non sia a contatto è in grado di correggere bene il difetto di vista). La lente a contatto per cheratocono é come una cornea artificiale con la parte esterna sferica e quella interna che, con l’interposizione del film lacrimale, aderisce alla superficie corneale anteriore irregolare;

● se anche le lenti a contatto diventano inadeguate o se risultano intollerabili, è possibile effettuare l’impianto di anelli intrastromali (Kerarings[1]) al fine di appiattire e regolarizzare la forma della cornea distorta e migliorare quindi la visione;

● l’impianto di anelli intrastromali è maggiormente efficace se usato in congiunzione con il cross linking corneale (CXL) per ottenere un’ulteriore stabilizzazione della cornea. Il cross linking (semplice o trans epiteliale mediante Iontoforesi) è un innovativo trattamento chimico-fisico che, grazie all’uso combinato di riboflavina (vitamina B) e luce ultravioletta, aiuta a rendere più rigida la cornea fermando così la progressione del cheratocono;

● gli innesti corneali (trapianti di cornea) possono essere necessari per i casi più gravi e avanzati di cheratocono. Il trapianto di cornea tuttavia è un intervento invasivo e non esente da rischi; non è quindi un obiettivo, ma un traguardo negativo che è bene non raggiungere mai!

Come si cura il cheratocono 1

Come si cura il cheratocono 2

3.1 Anelli intrastromali (intracorneali)

Fermare la progressione della malattia, consentire al paziente di avere la miglior vista possibile senza arrivare al trapianto di cornea. Ecco lo scopo delle moderne terapie per la cura del cheratocono.

Gli anelli intrastromali costituiscono un’opzione chirurgica minimamente invasiva progettata per stabilizzare o ritardare l’evoluzione del cheratocono.

La loro funzione è quella di correggere la deformazione della cornea, ridurre i difetti refrattivi (in particolare la miopia elevata e l’astigmatismo irregolare) e migliorare quindi l’acuità visiva.

Se l’impianto di anelli non libera del tutto il paziente dalla necessità di utilizzare le lenti a contatto o gli occhiali, migliora notevolmente la qualità della sua vita: la tollerabilità alle lenti è decisamente maggiore e, in alcuni casi, è possibile abbandonarle del tutto per utilizzare semplici occhiali.

Che cosa sono gli anelli intrastromali

I Keraring sono degli anellini di plastica trasparente costituiti da due segmenti semi-circolari di diametro, curvatura e spessore variabile. Previa un’attenta analisi delle caratteristiche del cheratocono del paziente e basandosi sulla classificazione morfologica dei dottori Fernandezvega e Alfonso, il chirurgo sceglie la tipologia di anelli più adatta.

Gli anelli sono realizzati in materiale artificiale, Perspex CQ Acrylic, che è lo stesso materiale utilizzato da più di 20 anni in chirurgia refrattiva per l’impianto di lenti artificiali intraoculari o per la sostituzione del cristallino opacato da cataratta. È quindi un materiale collaudatissimo che non dà problemi di rigetto.

Gli anelli vengono inseriti chirurgicamente mediante l’utilizzo del femtolaser che è in grado di creare un tunnel delle dimensioni desiderate con le caratteristiche adatte.

Che cosa sono gli anelli intrastromali

In questa tomografia corneale mediante OCT si apprezza molto bene il tunnel a destra fatto dall’operatore a mano (senza femtolaser) e che risulta in posizione troppo superficiale. È stato necessario rimuovere l’anello impiantato oramai in via di estrusione.

Che cosa sono gli anelli intrastromali 2

A sinistra si vede invece l’anello keraring da 6 mm di diametro posizionato correttamente a circa l’80% della profondità dello spessore corneale nel tunnel eseguito con femtolaser. Questa immagine è molto interessante perché dimostra l’assoluta superiorità del femtolaser nella chirurgia degli anelli intrastromali.

Che cosa sono gli anelli intrastromali 3

Come avviene la procedura

La procedura chirurgica viene eseguita ambulatorialmente con il paziente sveglio. Gli anelli vengono infatti impiantati in anestesia topica, cioè instillando qualche goccia di collirio anestetico nell’occhio.

Tramite un laser a Femtosecondi di massima precisione, il chirurgo crea una “tasca” nella zona di maggiore spessore corneale (lo stroma) e inserisce gli anelli. L’intera procedura dura solo 15 minuti circa.

La riabilitazione visiva è pressoché immediata e il dolore post-operatorio quasi assente.

Dopo l’operazione, se necessario, viene applicata una lente a contatto protettiva, solitamente rimossa il giorno successivo all’intervento. L’uso di colliri antibiotici e antinfiammatori consente un periodo post-operatorio più confortevole e sicuro e, generalmente dopo 3 giorni, il paziente può tornare alle sue consuete attività.

L’approccio più avanzato alla terapia del cheratocono si basa sulla sinergia fra le moderne soluzioni terapeutiche a disposizione: poiché la malattia progredisce costantemente e in maniera imprevedibile, dopo l’impianto di Keraring è dunque altamente consigliabile eseguire un trattamento senza rischi come il cross linking mediante iontoforesi per stabilizzare ulteriormente la cornea.

Le due tecniche infatti si potenziano vicendevolmente e danno dei risultati davvero ottimali!

Aspettare non è una strategia corretta!

Il paziente, uomo di 40 anni, si è presentato alla visita la prima volta nel 2017 con un cheratocono. L’indicazione terapeutica è l’impianto di un anello intrastromale. A quella data il paziente presentava una profondità minima del tunnel per impiantare l’anello di 518 micron.

Come evidenziato dalla simulazione, riportata nell’immagine A, in quel momento si poteva impiantare un anello con uno spessore di 300 micron, che poteva essere accolto nel tunnel con una profondità minima di 518 micron.

IMMAGINE A

L’area di impianto della cornea che ospiterà l’anello viene preventivamente studiata con l’ausilio del topografo. Si realizza una costruzione virtuale del tunnel ad una determinata profondità. A questo punto l’operatore decide se lo spessore minimo del tunnel virtuale (che sarà posizionato all’80% dello spessore corneale dalla superficie esterna) è sufficiente ad accogliere un determinato spessore di anello definito dal nomogramma.

Il paziente decide tuttavia di non sottoporsi all’intervento e si ripresenta ad un nuovo controllo a fine 2018.

Si procede con un nuovo esame, riportato nell’immagine B, il cui risultato evidenzia una perdita di spessore corneale importante. Si è passati infatti in meno di 2 anni da un tunnel disponibile con altezza minima di 518 micron a 431 micron. Una perdita di 87 micron.

È ancora possibile impiantare in questo caso un anello, ma che avrà una altezza di 250 micron e non riuscirà a correggere completamente il difetto visivo.

Attendere altro tempo può essere molto rischioso perché se la progressione della malattia continua ad essere così rapida si può perdere definitivamente l’opportunità di bloccare lo sfiancamento della cornea con gli anelli intrastromali.

IMMAGINE B

3.2 Cross linking corneale

Ad oggi il cross linking transepiteliale mediante iontoforesi è sicuramente una delle armi migliori che abbiamo a disposizione per bloccare il cheratocono.

Di che cosa si tratta?

Il cross linking è un trattamento parachirurgico volto ad arrestare il processo degenerativo del cheratocono. Il principio su cui si fonda è quello di stimolare la formazione di legami incrociati (cross link) tra le fibre di collagene che costituiscono la struttura portante della cornea.

Il cheratocono è generato proprio da un indebolimento e da un’alterazione dei legami chimici fra le fibre: la cornea perde la propria capacità di resistenza meccanica e tende progressivamente a deformarsi sotto l’azione della pressione oculare. Grazie al cross linking invece la cornea si rafforza, irrigidendosi e bloccando così lo sfiancamento.

Esistono due tipi di cross linking

● il cross linking corneale standard
● il cross linking transepiteliale

Il cross linking corneale standard è epi off. Ciò significa che viene rimosso dell’epitelio e va fatto in sala sterile, in quanto presenta dei rischi. La durata è inferiore ad un’ora. Consiste nel far reagire una sostanza fotosensibile, la riboflavina (vitamina B2), con la luce ultravioletta generata da una specifica apparecchiatura.

Il trattamento si svolge in più fasi:

1. dapprima si instilla al paziente un collirio per restringere la pupilla, successivamente si applica un secondo collirio anestetico;

2. il chirurgo rimuove delicatamente l’epitelio, il sottile strato di cellule che ricopre la cornea, e la imbibisce con riboflavina, ripetendo l’operazione ogni 3 minuti per circa un quarto d’ora;

Fibre collagene in una cornea normale

3. una volta che la cornea ha assorbito la corretta quantità di riboflavina, la si irradia per circa 30 minuti con raggi di luce ultravioletta a bassa intensità, assolutamente non dannosi per l’occhio;

4. la combinazione di riboflavina e raggi ultravioletti (entrambi elementi naturali e reperibili in natura) crea un catena di reazioni all’interno della cornea che portano alla formazione di un nuovo collagene corneale sano e non degenerato come quello della cornea affetta da cheratocono;

5. al termine del trattamento si copre la cornea trattata con una lente a contatto protettiva lasciandola in posizione per 3-5 giorni fino alla completa riepitelizzazione.

Ancora meno invasivo e maggiormente tollerato dal paziente è il cross linking transepiteliale che, come suggerisce il nome, consente il passaggio della riboflavina attraverso l’epitelio, senza che sia necessaria la sua rimozione. Ciò rende il trattamento privo di possibili rischi infettivi e di dolore post operatorio.

In questa tecnica innovativa la penetrazione della riboflavina all’interno del tessuto oculare viene effettuata tramite iontoforesi, una tecnica di trasporto del farmaco all’interno delle strutture oculari veicolata da una corrente elettrica a basso voltaggio.

Ecco come funziona la iontoforesi

Il trattamento viene effettuato mediante l’applicazione sul paziente di due elettrodi: uno di polo negativo è applicato a suzione, mediante uno specifico anellino, sulla cornea da trattare; l’altro elettrodo di polo positivo è posizionato sulla fronte del paziente nella forma di un “cerottino”.

Sfruttando il principio fisico della migrazione ionica da un polo all’altro, vengono preparati specifici farmaci polarizzati contenenti o ioni positivi, o ioni negativi, o entrambi (bipolari) ed applicati agli elettrodi secondo la loro polarità.

Proprio come i vagoni di un treno trasportano la merce seguendo le rotaie, così la corrente a basso voltaggio, utilizzata per circa 5 minuti, veicola il farmaco polarizzato all’interno dei tessuti, poiché gli ioni del farmaco stesso migreranno verso il polo opposto fino al completo assorbimento del medicinale.

Grazie alla iontoforesi l’assorbimento della riboflavina diventa molto più rapido ed efficace e i tempi del trattamento si riducono notevolmente, bastano 5 minuti.

Concludendo…

● Il cheratocono è una malattia grave che non va sottovalutata.
● Per molti pazienti giovani può tramutarsi in una condanna a vita.
● La diagnosi precoce gioca un ruolo fondamentale nella strategia di cura
● Esistono validi e sperimentati trattamenti per fermare l’evoluzione della malattia e ridare ai pazienti la massima qualità di vista possibile.

Concludendo

…Non lasciamo che un problema inizialmente piccolo possa trasformarsi in un grande problema


Biografia Dott. Alberto Bellone

Laureatosi in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Torino nel 1996 si è specializzato presso la medesima Università in Oftalmologia nel 2000.

È tra i migliori e più affermati chirurghi refrattivi italiani e si occupa in particolare di:

● Chirurgia della cataratta con impianto di I.O.L. ad alta tecnologia
– Ha eseguito i primi interventi di impianto di lenti trifocali Panoptix
– Ha acquisito anche una grande esperienza nella gestione delle I.O.L. multifocali e toriche
– Ha impiantato centinaia di lenti I.O.L. multifocali

● Chirurgia conservativa del cheratocono mediante cross-linking corneale e inserimento di anelli corneali intrastromali
● Chirurgia con Laser ad eccimeri
● Impianto di I.O.L.fachiche:è chirurgo certificato dall’azienda statunitense Staar
● Nel giugno 2016 ha impiantato la prima lente ICL Evo+ v5 in Italia

Chirurgo vitreo-retinico affermato, esegue di routine vitrectomie mini-invasive ed ha ad oggi eseguito oltre 350 vitrectomie 27 gauge.

dr alberto bellone

Per chi desideri approfondire segnaliamo i più recenti studi sulla materia.

KERARING

Four-Stage Procedure for Keratoconus: ICRS Implantation, Corneal Cross-linking, Toric Phakic Intraocular
Lens Implantation, and Topography-Guided Photorefractive Keratectomy.
Coskunseven E, Sharma DP, Grentzelos MA, Sahin O, Kymionis GD, Pallikaris I.
J Refract Surg. 2017 Oct 1;33(10):683-689. doi: 10.3928/1081597X-20170807-01. PMID: 28991336

Femtosecond laser implantation of a 340-degree intrastromal corneal ring segment in keratoconus: Short-term outcomes.
Sadoughi MM, Einollahi B, Veisi AR, Zare M, Sedaghat MR, Roshandel D, Einollahi N, Rezaei J.
J Cataract Refract Surg. 2017 Oct;43(10):1251-1256. doi: 10.1016/j.jcrs.2017.07.026. PMID: 29120710

Femtosecond-assisted intracorneal ring segment complications in keratoconus: from novelty to expertise.
Mounir A, Radwan G, Farouk MM, Mostafa EM.
Clin Ophthalmol. 2018 May 22;12:957-964. doi: 10.2147/OPTH.S166538. eCollection 2018. PMID: 29872254

CROSS LINKING e IONTOFORESI

Trans-epithelial corneal collagen cross-linking with iontophoresis for progressive keratoconus.
Ameerh MAA, Bdour MDA, Al-Till M, Faouri MA.
Int Ophthalmol. 2018 Apr 19. doi: 10.1007/s10792-018-0920-4. [Epub ahead of print] PMID: 29675563

Efficacy of iontophoresis-assisted epithelium-on corneal cross-linking for keratoconus.
Jia HZ, Peng XJ.
Int J Ophthalmol. 2018 Apr 18;11(4):687-694. doi: 10.18240/ijo.2018.04.25.
eCollection 2018. Review. PMID: 29675392

LENTI INTRAOCULARI

Safety and Visual Outcome of Visian Toric ICL Implantation after Corneal Collagen Cross-Linking in Keratoconus: Up to 2 Years of Follow-Up.
Antonios R, Dirani A, Fadlallah A, Chelala E, Hamade A, Cherfane C, Jarade E.
J Ophthalmol. 2015;2015:514834. doi: 10.1155/2015/514834. Epub 2015 Mar 19. PMID: 25874116

Three-year follow-up of posterior chamber toric phakic intraocular lens implantation for the correction of high myopic astigmatism in eyes with keratoconus.
Kamiya K, Shimizu K, Kobashi H, Igarashi A, Komatsu M, Nakamura A, Kojima T, Nakamura T.
Br J Ophthalmol. 2015 Feb;99(2):177-83. doi: 10.1136/bjophthalmol-2014-305612. Epub 2014 Aug 21.

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